Letture: Is 25, 6–9; Sal 22; Gv 19, 17-18;25-39.
La liturgia che stiamo celebrando orienta i nostri pensieri e sentimenti verso il futuro, mettendoci in particolare sintonia con lo stile e l’operato di un Fratello che, dopo una lunga e feconda giornata terrena, si è consegnato all’abbraccio misericordioso del Padre. Quel suo operato e quel suo stile di vita hanno messo a nudo più volte le nostre pigrizie, la nostra mediocrità, una carenza di speranza.
Non abbiamo voluto o saputo seguire fino in fondo il suo esempio; ora siamo e saremo tentati di limitarci ad elogiarlo, continuando a barcamenarci come prima. Talvolta anche esaltare una persona serve a giustificare il proprio disimpegno.
Ma i tempi sono tali che non ci verrà concesso: bando quindi alle visioni di parte, allo scarico di responsabilità e avanti con decisione proporzionata alla gravità dell’ora. Se non cambiamo subito atteggiamento, domani sarà tardi.
Ovviamente non è casuale che il Signore abbia chiamato a sé Giovanni Bersani in questo momento, al termine del tempo di Avvento.
Ci suggerisce di ricordarlo così, come uomo della pazienza lungimirante e della speranza progettuale; e di ravvivare in noi la stima di queste virtù. Anche solo tra un mese, la situazione morale, politica e sociale potrà essere molto diversa; sforziamoci quindi di cogliere l’appello contenuto nella liturgia che stiamo celebrando.
Facciamo di questa celebrazione non una formalità, ma un’assunzione personale e comune di impegno per la giustizia sociale nel nostro Paese, come pure nei rapporti dell’Europa con i Paesi in via di sviluppo.
Rivolgiamoci alla Parola di Dio, che ci è stata proclamata; in particolare, al brano del Vangelo secondo Giovanni, scelto tenendo conto dell’odierna festività del “discepolo che Gesù amava”.
Nel racconto della Passione, subito dopo la morte di Gesù l’Evangelista introduce due figure di discepoli: quella di Giovanni di Arimatea, il quale trova il coraggio di richiedere il corpo del condannato per dargli sepoltura, e quella di Nicodemo. Quest’ultimo viene evocato come “quello che era andato da lui [Gesù] di notte”.
Si direbbe che si tratta di due figure di secondo piano, di persone buone ma timorose, che però alla fine superano le proprie esitazioni, prendono l’iniziativa e compiono i gesti della pietas comunitaria.
Il vero pentimento non si raggiunge quando ci si batte il petto, ma quando si rischia qualcosa ravvedendosi.
Fratelli, vi invito a chiedere nella preghiera che anche noi possiamo condividere il ravvedimento operoso di Giuseppe e Nicodemo e, proprio a partire da questa circostanza, possiamo imprimere una svolta alla nostra vita.
Siamo coinvolti nell’attualizzazione della Pasqua del Signore, siamo sorretti dalla speranza nella risurrezione dell’ultimo giorno e preghiamo che tale speranza si ravvivi proprio attraverso il Sacramento che stiamo celebrando.
Riascoltiamo la profezia di Isaia, che era stata proclamata all’inizio dell’Avvento ed ha accompagnato la preparazione al Natale. E’ ambientata in Gerusalemme, più precisamente sull’altura del tempio: “In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande”. E’ bello riascoltarla lasciando scorrere nella memoria la vita di Giovanni Bersani e la storia sociale della nostra terra: rievocando l’associazionismo dei lavoratori cristiani, formati da sacerdoti attenti al sociale, le conquiste dei braccianti, l’avvio dell’autosviluppo in molti territori rurali dell’Africa e dell’America Latina, la diaconia della pace.
In questa nostra terra, i segni di speranza non sono mancati e non mancano: consideriamoli anticipazioni del banchetto escatologico, al quale chi ha preparato la strada al Re e Signore della storia viene fin d’ora ammesso.
Non si chiuda oggi un’esperienza di promozione umana e di testimonianza, si apra piuttosto una fase di purificazione in vista del compimento.
L’opera avviata attende chi subentri nel lavoro, nella passione, nell’anticipazione. Maria che sta in piedi accanto alla croce accoglie Giovanni, il discepolo amato, e in lui ogni discepolo che l’ha presa e tenuta nel proprio cuore.
+Tommaso Ghirelli